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Irene


New York, 26 agosto 2011.


Jack Goya aveva trentasette anni e un fisico da pilone di mischia. Capelli brizzolati tagliati a spazzola. Poco collo e poco naso. Due mani grosse come bistecche di manzo.

Lavorava allo stabilimento Forster specializzato nella fabbricazione di sedute WC: ogni giorno sfornavano centinaia di cessi, pronti a far sedere altrettanti fondoschiena, della Grande Mela e non solo.

Jack Goya si occupava della cottura: otto ore davanti al forno Stutton, rinomato per la sua capacità di arrivare fino ai milleduecento gradi centigradi.

Oliver Mc Larson era grande esattamente due volte Jack Goya. Fedele “bestione” del signor Forster, Oliver lavorava allo stabilimento come guardia all’ingresso.

Quando Oliver camminava era come se camminasse un terremoto lento e ogni suo passo era una piccola scossa sul terreno del capannone Forster.

Se il signor Forster chiedeva a Oliver di spostare cento sedute WC senza l’uso del montacarichi, Oliver spostava cento sedute WC senza l’uso del montacarichi. Se il signor Forster chiedeva a Oliver di non far uscire nessuno dallo stabilimento fino al termine del turno di lavoro, Oliver si piazzava davanti all’uscita, sulla sua personalissima sedia, e non faceva uscire nessuno.

Tutto per il signor Forster era il suo pensiero più frequente. Forse l’unico.

Quel giorno, il signor Forster aveva chiesto a Oliver di spostare cento WC tutti insieme e di non far uscire nessuno dallo stabililmento.

E così, Oliver si sedette sulla sua personalissima sedia, di fronte all’uscita, cercando di completare il cruciverbone di pagina tre.

Non resisto più, fa troppo caldo pensò Jack a metà del suo turno.

Era già uscito un paio di volte e sapeva che Oliver non l'avrebbe fatto uscire una terza. Gli altri colleghi, come lui, bevevano galloni d'acqua e si bagnavano in continuo la nuca. Dalle enormi finestre dello stabilimento si percepiva l'arrivo di un temporale. Nuvoloni si addensavano proprio sopra di loro. Jack sognò la pioggia.

Siamo gli unici stronzi a lavorare davanti a un forno Stutton senza neanche goderci un po' di questo stupendo temporale.

«Dai Oliver, facci uscire un po'.» disse Jack.

«Il signor Forster dice di non farvi uscire.» rispose ottuso Oliver.

«Sicuro? Neanche se ti risolvo il cruciverba?» rilanciò Jack.

«L’ho appena terminato il cruciverba. Sbatti male Jack.» disse compiaciuto il bestione.

Jack pensò che non bastavano tutti i suoi colleghi per fronteggiare Oliver.

Stava tornando alla sua postazione, quando le pareti dello stabilimento iniziarono a tremare.

Un rumore sordo e cupo invase tutto il capannone.

Il pavimento fu attraversato come da una specie di terremoto.

I vetri delle enormi finestre parevano rompersi da un momento all'altro.

"Il terremoto!" pensarono tutti all'unisono. Si girarono istintivamente verso Oliver.

«Non sono stato io.»

In un istante, il capannone fu travolto da raffiche violentissime di vento, che come giganteschi schiaffi colpirono le pareti di lamiera.

Uno degli enormi vetri si ruppe, forse colpito da qualcosa, un traliccio, un albero.. Per poco i vetri non colpirono Edward Reed, reparto smaltatura, uno dei più anziani.

Dalla finestra appena rotta, il vento carico di pioggia provava a farsi più strada.

La pioggia si riversava sui macchinari e sui forni Stutton, provocando feroci sbuffi di vapore.

Gli operai correvano su e giù come formiche impazzite.

«Dobbiamo uscire di qui!» urlò Jack Goya. E tutti si piazzarono dietro di lui, quasi come fosse un moderno predicatore che aveva trovato la strada giusta.

«Non esce nessuno fino alla fine del turno.» tronò calmo Oliver.

A quelle parole, Jack e gli altri colleghi rimasero perplessi. Stentarono a credere di aver sentito giusto.

«Come hai detto?» domandò retorico Jack.

«Da questa porta non esce nessuno, fino alla fin.. »

Oliver non fece in tempo a finire la frase che Jack lo colpì in pieno viso con un tubo di ferro.

La reazione del bestione fu soltanto un ottuso “Ahio”. Poi guardò dritto nelle palle degli occhi Jack, come un toro pronto alla carica.

Jack capì che il tubo di ferro era inutile. Tuttavia si preparò per un altro colpo.

Proprio mentre Oliver stava per caricare Jack, il vento riuscì (finalmente) a scoperchiare un pezzo di tetto, lasciando intravedere tutta la sua furia devastante.

Il cielo era come un enorme cilindro grigio che girava su se stesso. Lo stabilimento Forster era finito nel bel mezzo dell’uragano Irene.

Istintivamente, quasi tutti gli operai si aggrapparono a qualcosa. Jack ad una catena del forno Stutton.

Oliver prese un gancio del montacarichi legato al tetto. Per ben cinque minuti riuscì a rimanere ancorato a terra. Poi volò via insieme al tetto. In quei cinque minuti Oliver pensò Non devo far volare via il tetto del capannone del signor Forster.

Poi l’uragano passò.


Jack Goya ed i suoi colleghi del primo turno si salvarono, riportando lievi ferite ed una piacevole sensazione di freschezza: non uscirono fuori dallo stabilimento fino alla fine del loro turno, cinque minuti dopo.

Oliver fu ritrovato sano e salvo ad una ventina di chilometri dallo stabilimento: teneva ancora in mano il gancio del montacarichi.

Il signor Gerrard Forster morì a bordo della sua auto mentre viaggiava sulla statale 278: fu colpito da una seduta WC piovuta dal cielo.

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